Circa due mesi fa, con il Vaccine-Day in Italia è stata inaugurata la campagna vaccinale anti-Covid che per il momento, però, non prevede la somministrazione a bambini e adolescenti.Cosa sappiamo però sulla vaccinazione pediatrica contro il Covid-19?
Proviamo a fare un po’ di chiarezza sull’argomento.
Negli ultimi mesi ormai non si è parlato d’altro che del famoso vaccino anti-Covid, l’unica soluzione per uscire al più presto da questa terribile emergenza sanitaria. Il vaccino però, almeno inizialmente sarà somministrato solo agli adulti.
Per trovare un vaccino contro il Covid-19 abbiamo assistito a una immensa mobilitazione internazionale, lo sforzo comune però ha riguardato unicamente il vaccino per gli adulti, mentre bambini e ragazzi dovranno aspettare ancora un po’ di tempo.
Sia Moderna che Pfizer, infatti, si stanno muovendo per estendere la vaccinazione anche ai più piccoli, ma servono studi mirati. Se la sperimentazione sui ragazzi tra i 12 e i 15 anni dovesse dare risposte positive, allora ci si muoverà verso la fascia di età 6-12 anni e successivamente 2-6 anni.
I vaccini sperimentati con successo tra gli adulti di solito funzionano anche nei bambini, ma non sempre mantengono gli stessi livelli di efficacia, specialmente tra i più piccoli. Per esempio, i neonati nascono con anticorpi ricevuti nel corso della gravidanza che possono interferire con alcuni tipi di vaccinazioni nei primi periodi di vita. Per questo motivo alcuni vaccini, come quello contro il morbillo, sono somministrati non prima di 12-15 mesi dalla nascita. Altri vaccini si rivelano più efficaci se somministrati dopo i due anni, perché a quel punto il sistema immunitario ha raggiunto livelli adeguati di maturazione e specializzazione.
Nel caso del vaccino contro il coronavirus, i ricercatori ritengono che possa essere utile per evitare che i bambini si ammalino di COVID-19, anche se nel raro caso in cui ciò avvenga sviluppano solitamente pochi sintomi e facilmente trattabili con i farmaci da banco. Evitando la malattia, dovrebbero essere meno contagiosi e costituire un rischio minore per gli adulti a contatto con loro (familiari e insegnanti, per esempio).
Il condizionale deriva dal fatto che a oggi non sappiamo se i vaccini contro il coronavirus rendano meno contagiosi i vaccinati, nel caso in cui entrino poi in contatto con il virus. Ci sono elementi che lasciano ottimisti in tal senso, ma saranno necessari ancora alcuni mesi prima di farsi un’idea più accurata.